lunedì 28 novembre 2011

CAP. VI°

Mercoledì, 01 Marzo 2006

CAP. VI°
La cucina era molto grande e il focolaio era stupendo. Era incastrato nel muro ed era di mattoni rossi, ferro nero e ottone luccicante.
Tra il focolaio e la finestra, c'era un grosso pezzo di marmo che usciva dalla parete, ed io mi sedevo sempre lì, davanti a lui. Adoravo quel pezzo di marmo. Sopra, ci appoggiavo il pane e poi lo rompevo in piccoli pezzi. Dopo mi voltavo verso il focolaio caldo e con il ditino schiacciavo il pezzetto di pane sulla piastra bollente.
Abbrustolivo il pane e poi lo mangiavo, e mi sembrava la cosa più buona del mondo. Mi piacevano molto anche le patate che nonna Margherita cucinava sotto la cenere bollente, ma forse il pane abbrustolito mi piaceva di più.
Avevo tre anni e quella sera avevo addosso un grembiulino bianco legato in vita. Il fiocco del grembiulino mi faceva sentire molto elegante. All'epoca un fiocco era uno spreco di tessuto, e avercelo mi faceva sentire bellissima.
Quando la mamma arrivò a casa disse:
- Ci facciamo le castagne per cena?
Siii rispondemmo immediatamente sia io sia nonna.
- Vado io, vado io a prenderle dissi, pensando a quanto sarebbero state bene messe nel mio grembiulino.
- Va bene, vai a prenderle tu, però accendi la luce. Mi autorizzò la mamma.
- Si. Risposi.
Mi chiusi la porta della cucina alle spalle e accesi la luce del corridoio. Era lungo quindici metri.
Sulla sinistra, per entrare nelle camere, c'erano delle porte di legno scuro e massiccio, poi il corridoio all'altezza dell'entrata si allargava e sembrava di stare in un salone. Vicino alla parete destra, c'erano due poltrone di vimini e pelle nera, che riflettevano sul muro ombre gigantesche, che sembravano quelle di due leoni in agguato.
Il corridoio, alla fine del salone, piegava a sinistra e proseguiva per altri cinque metri.
Sulla destra di questo, c'era una grande entrata che dava in uno stanzino dove si trovava una piccola porta che immetteva in un armadio enorme, nel quale potevano entrarci anche un paio di persone grandi contemporaneamente, mentre di fronte e a lato dell'armadio c'era l'accesso alle due soffitte.
La luce del corridoio principale arrivava appena in quella parte dell'appartamento, ma per me non c'erano problemi: conoscevo quella casa da tutta una vita.
Entrai nella soffitta centrale e sentìi tanto freddo. Poi, non so come, un refolo di bora proveniente dall'abbaino aperto, chiuse con un colpo secco la porta della soffitta, ed io mi ritrovai nel buio più completo.
Cercai di ritrovare la porta per aprirla ed accendere la luce, ma non vi riuscii.
Nel buio persi il senso dell'orientamento ed andai a sbattere contro qualche cosa di morbido che mi spaventò, allora mi voltai di scatto ed inciampai in un secchio di ferro che cadde a terra e rotolò non so dove. La paura aumentò, perciò mi buttai a terra e mi presi la testa con le mani, per ripararmi almeno dalle ragnatele e da i ragni che sapevo che c'erano.
Incominciai prima a chiamare forte la mamma e poi a strillare, ma i miei strilli non arrivarono mai in cucina. Ero troppo lontana e le porte erano chiuse.
Un quarto d'ora più tardi, la mamma non vedendomi arrivare, venne a cercarmi e mi trovò in pianto, tremante, nel buio più profondo.
Mi prese in braccio, mi portò in cucina al caldo, e mi dette qualcosa da bere.
Non mangiai quella sera, ma per la prima volta dopo tanto tempo, la mamma mi portò a letto con lei.
Per molti anni non mi avventurai mai più da sola in posti tanto lontani, specialmente la sera. Mi feci sempre accompagnare.
La prima volta che sentii la paura, avevo otto mesi, ma imparai a viverci insieme, senza nemmeno sapere esattamente cosa fosse. Non conoscevo un altro modo di vivere.
Nel freddo e nel buio della soffitta, imparai cosa fosse veramente la paura, più di quanto non fosse riuscita mai ad insegnarmela la guerra.
Nella guerra c'è di tutto, ma nel buio c'è di tutto e di più
postato da: Lucmerenda1 alle ore 04:49 | Link commenti

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