lunedì 28 novembre 2011

La casa in cima alla collina

La casa in cima alla collina
Uscii dalla casa in cima alla collina con lo zaino sulle spalle e scesi lentamente il verde pendio erboso che arrivava fino al lago. Era un posto bellissimo che io amavo tanto, tutto costeggiato da enormi piante dai tanti colori dell'autunno. C'era silenzio, anche se un po' di vento muoveva le foglie dei cespugli e quelle degli alberi; foglie rossastre, gialle ed alcune ancora verdi.
L'acqua del lago era trasparente e pulita. Salì sulla mia barca legata all'unico albero spoglio, mi tolsi lo zaino e incominciai a remare per arrivare fin dall'altra parte del lago. Mentre remavo, il cielo si faceva sempre più scuro, e l'acqua a causa del vento, creava o­nde e vortici che non avevo mai visto. La barca si rovesciò e i remi sparirono, mentre io con indosso il peso dei vestiti inzuppati, mi sentivo trascinare verso il fondo del lago. Solo con la volontà impostami dalla disperazione riuscii ad arrivare vicino alla riva e ad acchiappare i rami di un salice piangente. Quel salice mi salvò la vita ed anche tutti gli altri rami che mi permisero di arrampicarmi sul terreno erboso e bagnato anch'esso, perchè stava piovendo.
A causa della stanchezza mi distesi a terra, e senza rendermene conto, mi addormentai o svenni. Non lo so.
Quando mi rialzai ero ancora stanca e infreddolita, anche se stranamente mi trovavo in una casa con il camino acceso. Una mano mi porgeva qualcosa di caldo da bere. Bevvi senza nemmeno chiedermi cosa fosse, però dopo aver bevuto mi sentì meglio ed allora mi guardai attorno. Quello che vidi non era diverso dal solito, anzi, tutto mi era famigliare.
Guardai chi mi diede da bere e rimasi sconvolta perché ero io, ma non potevo essere io. La cosa m'incuriosì.
- Chi sei? Chiesi.
- Mi conosci benissimo. Io sono te.
- Non capisco.
- Non è difficile da capire, almeno una volta nella vita, dobbiamo tutti trovarci davanti alla nostra coscienza, ora tocca a te.
- Questa è casa mia?
- No, ma è uguale alla tua, e per tutto il tempo che resterai qui, guarderai me, e sarà come guardarti allo specchio. Al di la della porta d'ingresso troverai tante nuvole bianche, ma non riuscirai a vedere oltre; riuscirai a vedere solo i tuoi rimorsi, le tue colpe, e la tua cattiveria.
Mi avviai lentamente verso la porta, e l'aprì.
Davanti a me tutto era bianco, e con le mani cercai di acchiappare un po' di nuvola. Avrei voluto assaggiarla, come si fa con lo zucchero filato o con la neve, ma non vi riuscì. A contatto con il bianco che mi circondava incominciai a ricordare cose dimenticate da tanto tempo. No, non avevo fatto del male a nessuno; ricordai solo di non aver mai amato mio padre, ma lui non lo seppe mai.
Ero avvolta dalle nuvole e tra loro non vidi nessun male che avessi potuto fare a qualcuno. Poi mi trovai davanti ad una nuvola grigia che mi bloccò all'istante. Quella nuvola rappresentava una colpa che non avrei mai potuto perdonarmi.
Delle lacrime mi scivolarono dagli occhi e piansi tanto.
Poi lentamente mi orientai verso quella strana casa. Entrai.
Quella donna che mi teneva con se, ora guardava fuori dalla finestra e mi dava le spalle. Le dissi:
- Sì, sono colpevole. Ho nascosto a mia madre, che stava per morire e non le ho detto la verità perché avevo paura della sua reazione. Temevo si spaventasse. Oltre che colpevole, sono stata anche vigliacca. Non sono mai riuscita a perdonarmi. Io al suo posto avrei voluto sapere la verità.
Stavo piangendo rivolta verso quella donna e non riuscivo a smettere.
Questa, si voltò verso di me, e in lei riconobbi mia madre. Mi sorrise, mi abbracciò e mi perdonò.
- Vai, mi disse, la tua coscienza non ha colpe, ne cattiverie.
Poi lentamente tutto sparì, ed io mi trovai in barca a remare verso la mia casa perché il cielo ormai era grigio scuro.
Mi sentivo diversa, ed esausta.
Mentre risalivo a fatica il pendio erboso, mi sembrò di ricordare qualcosa di strano, ma ormai avevo dimenticato tutto.
Incominciò a piovere.
Raggiunsi la mia casa, e in entrata vidi appeso al muro, il ritratto di mia madre.
Non mi rivolsi mai a quel quadro per parlare con lui, ma quella sera sentii la necessità di farlo.
- Mamma, quanto ti ho sempre amata! Sì, ti ho amata, e ti amerò per sempre.
Poi salii lentamente le scale per arrivare alla mia camera.
Ero molto stanca.
Avevo freddo.
Avevo bisogno di dormire.
postato da: Lucmerenda1 alle ore 10:56 | Link commenti

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